lunedì, agosto 04, 2008

Frittole o anni ’80?

Sabato scorso sono andata a un matrimonio d’amore. Perché specifichi d’amore, direte voi, non dovrebbero essere tutti così, d’amore? Certo, ma io vengo da terre dove il matrimonio per una povera donna è quasi un obbligo, se non ti sposi a 25 anni sei zitella non single come si usa dire a N.Y. e non solo negli anni passati, ma anche oggi in certe realtà, di scarsa scolarizzazione, di realtà di paese è così. E non voglio certe fare un trattato sul femminismo in Italia, sulle società patriarcali ecc…esistono, esistono ancora, i matrimoni perché bisogna sposarsi, perché è l’unica maniera per uscire di casa, per liberarsi dal giogo familiare, per entrare in quello del marito. Poi ci sono i matrimoni d’interesse e anche quella sono un’altra storia. Poi ci sono quelli che si sposano per far contenti i genitori, ma loro starebbero bene anche solo conviventi, e quindi si ritrovano in un spettacolo a uso e consumo degli altri, più che di sé stessi, e anche questa è un’altra storia, è una storia che cambia i connotati, anche di persone innamorate nel giorno più bello per gli altri della loro vita.
Insomma non sempre ai matrimoni che sono andata fin da bambina aleggiava l’amore sulle facce dei protagonisti. Potrei contare sulla dita di una mano, in avvenimenti degli ultimi anni - in cui forse vado a matrimoni più di amici che di parenti, o forse anche la mia capacità d’osservazione e di cogliere certi segnali è sviluppata – i matrimoni d’amore a cui ho assistito nella vita.
Quello di sabato a Rivalta di Torino era così…c’era emozione nel viso degli sposi, nonostante io li conoscessi non molto, però era palpabile anche al primo sguardo, c’era felicità nelle facce degli amici, che quando ti sposi a più di trent’anni sono più importanti dei tuoi parenti, c’era felicità nei volti dei nonni della sposa, ma per la loro vita più e oltre che per la cerimonia della nipote. Alla domanda del prete su se qualcuno abbia consigli per gli sposi (non il famoso se qualcuno ha da dire qualcosa su questa unione lo faccia adesso o taccia per sempre) i nonni per prima rispondono sorridenti seduti uno affianco all’altro: essere pazienti e fermi, aggiungendo:"noi poi ora che non possiamo neanche camminare". Come a dire: più fermi e uniti di così. Una signora di 60 anni con una modernità che mi sorprende dice: dialogare e rispettarsi. E poi altri consigli. Il prete racconta che un diacono che conosceva soleva regalare agli sposi una “lima bastarda”, che è la lima più spessa che serve per raschiare, ad indicare quanto si deve limare dei propri difetti per vivere in due.

Insomma bella cerimonia curata nei minimi particolare, i palloncini rossi e bianchi lungo la strada che accompagnano l’entrata degli sposi, le decorazioni rossi e bianche lungo le sedie, il soprano (da brividi!) che canta, l’arpa che suona, la macchina decappottabile gialla per gli sposi alla loro uscita, tutto perfetto. Sembrava un po’ di essere tornati negli anni ’80, i capelli cotonati della sposa, rosso fuoco, i capelli ricci corti dello sposo; colori choc, anche per gli invitati, eleganti in abito nero ma con i capelli cortissimi rossi alla Grace Jones, capelloni un po’ sparsi in giro. Eravamo in una chiesetta deliziosa spersa nella campagna piemontese, con le signore che parlavano tra loro in dialetto, con tutto verde attorno, forse eravamo anche noi in un piccolo varco temporale come Benigni e Troisi in “Non ci resta che piangere”, solo che invece del 1400, noi eravamo nel 1980. Lo sposo arriva con i suoi amici: i Walter’s boys in moto, rombanti e all’improvviso, con caschi rossi e occhiali a specchio sopra i vestiti eleganti. Forse nella campagna la verità degli anni ’80 sopravvive, così come l’amore. O forse qui i capelloni e certe anime rock, anche se tua moglie suona l’arpa e tu hai una bambina bellissima di pochi mesi col fiocchetto in testa in braccio, sono stati dimenticati da anni addietro. “Qui dove la pianura padana si perde lungo l’orizzonte, dove le montagne non ci sono, dove il cielo sembra toccare la terra, qui i capelloni, razza in via d’estinzione vivono! Loro resistono: alla fine della poesia, alla morte dell’amore che si legge negli occhi della gente di città, loro qui nella romantica provincia, poco lontana dalla città ma diversa, ancora ci credono e vivono! L’amore è la risposta!” . Questo avrebbe composto Leonardo Da Vinci per noi, se l’avessimo incontrato anche noi come Benigni e Troisi in questo sabato del 2008 (1988?!?!).

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